Home

   

DIONISI

Proprietà

Contatti

 

Proprieta in vendita in
Casaprota

Casaprota

Acquisti
IN AUTO
da Nord:
attraverso l'autostrada A1 "Firenze - Roma NORD"; L'uscita per Passo Corese e l'Alta Sabina è la n. 36 "FIANO ROMANO-RIETI ". Proseguire sulla Via Salaria (S.S.4) fino a bivio di Ponte Buita. Proseguire per la strada provinciale in direzione Casaprota.
da Sud:
attraverso l'autostrada A1 "Napoli - Roma NORD". L'uscita per Passo Corese e l'Alta Sabina è la n. 36 "FIANO ROMANO-RIETI ". Proseguire sulla Via Salaria (S.S.4) fino a bivio di Ponte Buita. Proseguire per la strada provinciale in direzione Casaprota.
www.autostrade.it

IN TRENO
dall'aeroporto di Roma-Fiumicino "Leonardo da Vinci".Servizio di METRO, in partenza dal terminal arrivi dell'Aeroporto con destinazione finale ORTE, effettua fermate nelle stazioni ferroviarie della Sabina: FARA SABINA/ PASSO CORESE (tempo di viaggio 50 min.)
www.trenitalia.it

IN AUTOBUS
Rieti - Roma Stazione Tiburtina / Roma Stazione Tiburtina - Rieti
per visualizzare gli orari vedere su Autolinee www.cotralspa.it

Casaprota - Rieti
07:15 partenza CASAPROTA - Autobus extraurbano G2009
08:01 arrivo RIETI FS RIETI VIA SACCHETTI SASSETTI

15:00 partenza CASAPROTA - Autobus extraurbano G2009
15:37 arrivo RIETI FS RIETI VIA SACCHETTI SASSETTI

Rieti - Casaprota
06:35 partenza RIETI FS - Autobus extraurbano G2009
07:15 arrivo CASAPROTA

14.10 partenza RIETI FS - Autobus extraurbano G2009
15.00 arriov CASAPROTA
Casaprota è situato a 531 mt. sul livello del mare, conta circa 900 abitanti e dista 27 km. da Rieti. L'origine del nome di questo comune, posizionato sopra un'amena collina ed appartenente alla Comunità Montana del Turano, è piuttosto dibattuta: i primi cenni storici su Casaprota, contenuti nei documenti dell'Abbazia di Farfa (I secolo d.C.), citano il paese con il nome di Casa Perotis o Perote: secondo le diverse interpretazioni, l'etimologia potrebbe discendere dall'antica famiglia dei Proti o da un antico signore del luogo, Proto, fondatore di un castello poi distrutto dai Saraceni o, più realisticamente, da un probabile primo abitante del luogo, tale Perota. L'economia è solidamente ancorata alla tradizione agricola; all'ottimo olio d'oliva prodotto dagli uliveti posti sui colli circostanti si affianca una buona produzione di castagne. Nella valle che si estende ai piedi del paese sono situate le Sorgenti delle Capore che danno origine al fiume Farfa e che, fornendo 6.000 litri d'acqua al secondo al Comune di Roma, costituiscono una fonte cospicua di reddito per il comune stesso.
Particolarmente interessante è la frazione di Collelungo, caratterizzata da una struttura urbanistica propria dei castelli fortificati, con strette viuzze, case addossate e mura con torrioni trasformati in abitazioni: l'antico statuto di Collelungo, che vanta una lunga tradizione come comune a sé stante, è conservato presso l'Archivio di Stato a Roma e rappresenta una traccia importante per risalire agli usi e costumi del tardo medioevo.

Casaprota

Nel territorio di Casaprota sono stati rinvenuti, a più riprese, iscrizioni ed altri reperti d'età romana che ne attestano la frequentazione in questo periodo e la presenza di strutture agricole come ville rustiche o fattorie, che punteggiavano, sparse, la zona. Questa forma di insediamento caratterizzò l'area anche per tutto l'arco del medioevo, quando, a più riprese, a partire dal 776 compare il toponimo "Casa Perotis o Perotae", compreso inizialmente nel fisco del duca di Spoleto Ildebrando, ma poco alla volta acquisito dall'abbazia di Farfa, attraverso una paziente opera di ricomposizione anche di altre quote di proprietà detenute da alcuni longobardi. Nell'VIII e nel IX secolo il territorio circostante fu sottoposto ad una forte azione di conquista agraria che comportò anche l'impianto di castagneti, poi scomparsi nel tempo e sopravvissuti soltanto a livello toponimico. Nei primi decenni del secolo X, probabilmente per iniziativa degli stessi monaci, vi fu fondato un castello, che fu rapidamente alienato dall'abate Campone e concesso alla moglie Liuzza ed ai figli. Dopo questo momento le tracce del castello e dei suoi signori si perdono per molto tempo e soltanto sullo scorcio del XII secolo, sotto il pontificato di Celestino III, si ha notizia di una controversia che opponeva i de Romania , la più potente famiglia nobile della Sabina, alla consorteria dei Camponeschi, fortemente radicata sui monti Sabini, per il possesso della chiesa di S.Angelo di Casaprota. Questo fatto farebbe prefigurare che il castello appartenesse ai de Romania, tanto più che agli inizi del Quattrocento, signori ne erano i Brancaleoni, un ramo degli stessi de Romania, staccatosi tra XII e XIII secolo, mentre del tutto priva di fondamento è la notizia che i Sederini ne avessero avuta nel Duecento la signoria. Dai Brancaleoni, Casaprota passò nello stesso periodo agli Orsini, fino al 1604,anno nel quale il castello fu incamerato dalla camera apostolica e inserito, subito dopo, nel governatorato di Sabina, con sede in Collevecchio. Con la definitiva riorganizzazione dello stato della chiesa, operata nel 1817, Casaprota, con 250 abitanti, fu appodiata a Mompeo, inclusa quindi nel distretto di Poggio Mirteto, governo di Fara. Divenuta successivamente comune autonomo, nel 1853 contava 500 anime, delle quali 50 abitanti in campagna, per complessive 92 famiglie residenti in 91 case sotto l'unica parrocchia dedicata a S.Domenico. La rocca, non molto grande, appariva già fortemente degradata. Un miglio lontano dalle mura c'era il convento soppresso dai Carmelitani, chiamato Maria Santissima delle Grazie. L'immagine della Madonna conservata nella chiesa di S.Maria della Croce, posta alle pendici del colle di Casaprota, era ritenuta miracolosa. Il convento annesso era stato soppresso, ma due cappellani, provvedevano alla celebrazione dei sacri riti. In paese vi erano due negozianti di generi diversi, quattro di cereali, due sarti, un calzolaio, e una rivendita di sali e tabacchi. Presenti anche un medico e la farmacia Palmucci. Ancor oggi nel tessuto urbano di Casaprota si trovano tracce del passato. La porta di accesso rinascimentale mostra gli alloggiamenti in pietra per i cardini del portone e la copertura interna con una volta a botte. L'antico palazzo signorile, oggi Filippi, che si erge nella parte più alta del paese, presenta una facciata molto semplificata nella quale si aprono finestre cinquecentesche, sulla quale si staglia una torre circolare. Il palazzo appartenne dapprima ai Gentili,poi, per successione, ai Vincenti Mareri, che avevano nella zona cospicui interessi e molti beni fondiari. La famiglia nobile reatina utilizzava Casaprota come sede di villeggiatura estiva, non disdegnando di compiere interventi munifici. Ad esempio la chiesa parrocchiale di S.Domenico fu restaurata ed ampliata dal cardinale Ippolito Vincenti Mareri agli inizi dell'Ottocento, mentre nel 1735 erano stati corrisposti 8 scudi a Paolino Benedetti, campanaro di Rieti, per la fusione della campana della stessa chiesa.



Collelungo

L'orografia della sua ubicazione e la struttura urbanistica classificata a ?fuso di acropoli?, caratteristica dei castelli fortificati, spiegano chiaramente l'etimologia del nome Collelungo,la più importante frazione di Casaprota. Le strette vie con le case addossate e incombenti danno tuttora un tono antico al complesso, nel quale si conservano ancora le mura con torrioni,trasformati in abitazioni. Imponente e suggestivo è il palazzo dei Fanti con la scritta su marmo ?Leonellus Fantius IVD suo suorumque posterum commodo?. La prima attestazione dell'esistenza di Collelungo è in un documento che risale al 1043. In esso si afferma che l'abate Americo acquistò il fondo di Collelungo per trenta libbre d'argento. Collelungo attraverso gli anni fu posseduto dai Sanguigni(1403), dai conti Mareri(1427) e dagli Orsini(1445/1513).Alla morte di Enrico Orsini, fu incamerato dalla Santa Sede; nel 1641 gli Orsini rinunciarono a rivendicarlo con una transizione di carattere economica. Dopo la parentesi della Repubblica Romana di Mazzini che aveva fatto di Collelungo una frazione di Casaprota, diventa di nuovo comune, ma nel 1854, per un'ulteriore riforma di Pio IX, viene di nuovo e definitivamente riunito a Casaprota. A quell'epoca contava 351 abitanti. Lo statuto di Collelungo, conservato presso l'Archivio di Stato di Roma, è estremamente interessante poiché permette di conoscere gli usi ed i costumi del tardo medioevo. La chiesa parrocchiale è intitolata a Santa Maria delle Nevi. Il patrono di Collelungo è San Clemente nella cui chiesa, che dovrebbe avere origine romanica, si notano ancora degli affreschi che rappresentano lo stesso San Clemente con altri santi. Il toponimo ?Collelungo? è molto comune, fatto questo che rende arduo ed arrischiato proporre identificazioni certe, in particolare quando gli elementi a disposizione sono vaghi e non univoci. Nel caso di Collelungo infatti, nessuna delle citazioni contenuta nelle carte farfensi si riferisce, contrariamente a quando continuamente asserito, all'insediamento attuale, le cui origini pertanto sembrano destinate a restare nell'ombra. Le prime notizie certe di Collelungo compaiono soltanto nel XIV secolo nelle liste del sale del comune di Roma e nel registro delle chiese della diocesi di Sabina del 1343, che mostra la presenza, nel suo territorio, di numerose chise e cappelle, soggette però alla già citata chiesa di S.Angelo, che era arcipresbiteriale. Nessuna notizia però su chi fossero i signori del ? Castrum? fino agli inizi del 1400, anche se soltanto parzialmente, la suddivisione delle quote di cosignoria castrense che erano ripartite tra i sanguigni ed i Mareri. Nel 1427, Branco Sanguigni ne vendette un sesto, del quale un diciottesimo spettante ai Mareri, a Francesco Savelli, che, nel 1445, la rivendette agli Orsini, che sembrano essere gli altri condomini del castello, dato che nel 1480 ne risultano unici signori. La famiglia baronale romana mantenne il possesso di Collelungo fino al 1604, quando il castello sabino fu incamerato. Al momento della definitiva riorganizzazione dello stato della chiesa nel 1817, Collelungo, contava 293 abitanti. Nel 1816 era stato incluso nel distretto di Poggio Mirteto come appodiato di Poggio San Lorenzo, poi nel distretto di Rieti e appodiato di Monteleone. Successivamente divenne appodiato di Casaprota. Nel 1853, 351 erano gli abitanti, 15 dei quali abitavano in campagna,a formare 80 famiglie che occupavano 79 abitazioni. La chiesa parrocchiale era intitolata alla Madonna della Neve, mentre il patron era S.Clemente papa, la cui festa era celebrata con gran pompa. Vicino al paese c'era una chiesa dedicata al pontefice, eretta secondo la tradizione sui resti della villa di Faustino, suo genitore. Nel paese c'erano due negozianti di generi diversi, un orzaiolo, un calzolaio, tre ebanisti, un sarto, un sediaro, uno stracciarolo, e ben 18 crivellari. L'unica mola a grano apparteneva ai Filippi.

Chiesa dell'Immagine Miracolosa
Nel centro storico di Casaprota spicca la chiesa parrocchiale di San Domenico, ricostruita nel 1535 su una precedente chiesa romanica e consacrata dal cardinale Lorenzo Santarelli. In passato il titolo di chiesa parrocchiale era pertinenza della chiesa di San Michele Arcangelo. L'antichità della sua fondazione, risalente alla prima metà del XIV secolo, è attestata dalle tracce di affreschi quattrocenteschi, visibili sulle pareti. La chiesa di Santa Maria delle Grazie, posta nelle vicinanze del cimitero, unisce all'importanza storica, dovuta alla sua nascita avvenuta nel '500, quella devozionale: vi è infatti custodita un'immagine della Vergine, ritenuta miracolosa e oggetto nella zona di una sentita e particolare venerazione. Questo dunque il patrimonio artistico di Casaprota. Degna di rilievo è anche l'opera do "Don Orione" che si è insediata per donazione di Luigi Filippi, deceduto a Sanremo nel 1988, nell'antica Villa Palombara dove possono essere ospitati per soggiorno di riposo coloro che desiderano trascorrere giorni di distensione. La valle che si estende ai piedi delle colline del comune di Casaprota racchiude le ricche sorgenti delle Capore de cui nasce il fiume Farfa. Le sorgenti che sono legate ad antiche leggende e a divinità antiche e romane, sono state strutturate negli anni 1970/1980 in modo da fornire 6000 litri d'acqua al secondo alla città di Roma. Il turista potrà trovare un motivo di interesse anche nelle iniziative d'animazione, concentrate durante l'estate. Anche se non particolarmente nutrito il calendario delle manifestazioni di Casaprota presenta infatti due appuntamenti ormai consolidati e quindi particolarmente attesi e intensamente vissuti dai partecipanti. La settimana precedente il Ferragosto, da ormai diciassette anni, tutta Casaprota può assistere ad una vera e propria parata di complessi, bande musicali, giochi in piazza. Un'atmosfera gioiosa che si ricrea anche il 29 settembre in occasione della festività patronale di San Michele.

Mulino Monte del Sorgente
L'edificio, costruito come mulino per il grano e il frantoio, sorge sulle rive del fiume Farfa in un luogo assai suggestivo da un punto di vista paesaggistico. Si sviluppa su due piani, sfruttando il pendio del terreno, ma attualmente è utilizzato solo in parte come abitazione. Di fronte all'ingresso si trova in origine un'ampia vasca d'acqua, alimentato da un canale ora occluso. Una delle prime notizie storiche risale al 1851, quando l'allora proprietario chiede l'autorizzazione per la derivazione dell'acqua. Già nel 1905, tuttavia, il frantoio risulta non più funzionante.
Il manufatto dalle semplici forme, conserva al suo interno, alcune attrezzature agricole e costituisce un esempio storico di edilizia rurale di estremo interesse.

Palazzo Filippi
Entrando nel paese attraverso la porta rinascimentale, coperta da una volta a botte, si può raggiunge l'antico palazzo signorile Filippi, che prende il nome dall'ultima famiglia che entrò in possesso del feudo. Il palazzo appartenne in principio ai Gentili, e successivamente ai Vincenti Mareri, che lo usavano come residenza estiva. Il palazzo presenta una facciata in forme molto semplificate, con finestre cinquecentesche.

Casaprota confina a nord con il comune di Montenero Sabino e Torricella in Sabina, ad est con il comune di Poggio S.Lorenzo, a sud con il comune di Poggio Nativo e Frasso Sabino; (quest'ultimo deve probabilmente il suo nome alla funzione di posto di guardia esercitata in epoca romana è posto a sinistra del fiume Farfa, prossimo alle sorgenti del fiume stesso e circondato da colline boscose ed uliveti); ad ovest invece troviamo il comune di Mompeo.

L'Abbazia di Farfa (Fara Sabina)
E' uno dei monumenti più insigni del Medio Evo europeo; ebbe il patrocinio di Carlo Magno e possedette, nel periodo di massimo splendore, una vastissima porzione dell'Italia Centrale. L'origine dell'Abbazia è ancora incerta, anche se i più recenti scavi archeologici guidati dal prof. David Whitehouse, direttore della British school di Roma, hanno appurato l'esistenza di un complesso del periodo romano sotto l'attuale Badia. La quasi certa identificazione di Lorenzo Siro con il vescovo di Forum Novum (Vescovio) del 554 accerterebbe la creazione, nel Vl secolo, di un centro fervente di fede e di ricchezza. Al tempo dell'invasione longobarda esisteva una basilica ed alcuni edifici monastici. Secondo una leggenda, nell'ultimo ventennio dei VII secolo, Tommaso di Moriana (o Morienna), che viveva a Gerusalemme, a seguito di una visione della Madonna, esortato a cercare in Sabina, in un detto Acuziano, i resti di una basilica a lei dedicata, riedificò l'opera costruita dal vescovo Siro e diede luogo ad una rifondazione della comunità. Nei primi anni dell'VIII secolo il monastero godette della protezione del Duca di Spoleto Faroaldo II.
Farfa era così un'Abbazia Imperiale, svincolata dal controllo pontificio ma vicinissima alla S. Sede. In pochi decenni diveniva uno dei centri più conosciuti e prestigiosi dell'Europa medievale; Carlo Magno stesso, poche settimane prima di essere incoronato in Campidoglio, visitò l'Abbazia e vi sostò. Per comprendere l'importanza economica di Farfa basti pensare che nel terzo decennio del IX secolo, sotto l'Abbate Ingoaldo, essa possedeva una nave commerciale esentata dai dazi dei porti dell'impero carolingio. Sempre a questo periodo risale l'ampliamento massimo del monastero. La decadenza dell'Impero carolingio e, alla fine, divisi monaci e tesoro in tre parti, abbandonò Farfa. L'Abbazia fu presa e incendiata. Dei tre gruppi il primo fondò Santa Vittoria di Matenano nelle Marche, il secondo fu trucidato a Rieti dai Saraceni e il terzo, che si era salvato a Roma, passato il pericolo tornò a Farfa sotto la guida di Ratfredo che, divenuto Abbate, nel 913 completò la chiesa. Fu però un fuoco di paglia, perduta la protezione imperiale si allentò l'unità territoriale. Alcune famiglie romane (Crescenzi-Ottaviani e Stefaniani) si insediarono in molti territori dell'Abbazia divenendone di fatto padroni, la decadenza fu tale che si ebbero all'interno dell'Abbazia contemporaneamente tre abbati in lotta tra loro.
L'ultima ripresa di Farfa si ebbe per opera dell'Abbate Ugo I (997 - 1038), non a caso con il contemporaneo rilancio imperiale ad opera della dinastia degli Ottoni. Nel 999 fu introdotta la riforma nata a Cluny.
Con Berardo I (1047 - 1089) Farfa riassume i caratteri di Abbazia imperiale e nella lotta per le investiture si schiera contro i Papi e a favore di Enrico IV con la conseguenza che, nel 1097, i monaci decidono, per motivi di sicurezza, di trasferire il complesso abbaziale sul sovrastante monte Acuziano, dove ancora oggi sono visibili le imponenti rovine dell'opera iniziata e mai finita. I possedimenti farfensi di questo periodo sono vastissimi, si possono leggere in un diploma del 1118: l'Imperatore Enrico V riconferma pertinenti all'abbazia le zone di S. Eustachio e Palazzo Madama in Roma, Viterbo, Tarquinia, Orte, Narni, Terni, Spoleto, Assisi, Perugia, Todi, Pisa, Siena, Camerino, Fermo, Ascoli, Senigallia, Osimo, Chieti, Tivoli, il territorio aquilano, il Molise, il porto di Civitavecchia e metà città.
La definitiva decadenza inizierà, però di lì a poco: il Concordato di Worms (1122) segnerà, infatti, il passaggio del monastero all'autorità pontificia; con l'Abbate Adenolfo (1125) si sancì ufficialmente la totale sudditanza. Una fiammata filoimperiale si ebbe nel 1155 al passaggio di Federico Barbarossa. Decadenza economica e crisi monastica aggravarono in modo irreparabile la vita dell'Abbazia e alla metà del XIV secolo si arrivò all'interdizione e alla scomunica dell'Abbate per il mancato pagamento delle decime alla Camera Apostolica.
Carbone Tomacelli, Cardinal nipote di Bonifacio IX, all'inizio del XV secolo fu il primo Abbate Commendatario. Non tornò certo il prestigio dei secoli passati ma, in alcuni casi, le famiglie nobili che ebbero, con l'istituto di Commenda, il monastero, ne migliorarono le strutture. Gli Orsini nella seconda metà del XV secolo costruirono l'attuale chiesa che fu consacrata nelle 1496; i Barberini riordinarono e ampliarono il borgo, in larga parte utilizzato per le due grandi. fiere del 25 Marzo e dell'8 Settembre, ricorrenze dell'Annunciazione e della Vergine alla quale è dedicata l'Abbazia.
Nel 1798 Farfa subì il saccheggio dei Francesi e nel 1861 la confisca da parte dello Stato italiano. Dal 1921 l'Abbazia appartiene alla comunità benedettina di S. Paolo fuori le mura.

Numerosi piatti tipici e manifestazioni gastronomiche sono legate alla conclamata qualità dell'olio extravergine d'oliva, la Sagra della Bruschetta, nel giorno della festa di S. Antonio Abate, è ormai nel paese una consuetudine tanto attesa. Le pizze fritte, la panzanella (pane con pomodori e olio d'oliva), la zuppa di zucchine e parmigiano con pezzi di pane inzuppati nel brodo, le fettuccine con i funghi porcini, le fregnacce con aglio e persa, le varie frittate: con gli asparagi, cavoli o ripassate con il sugo, la trippa al pomodoro e olive, sono solo alcune delle specialità gastronomiche di Casaprota.In ambito dolciario vale la pena di annoverare: le ciambelle fritte di S. Giuseppe, i biscotti con le nocciole, il Pangiallo ( impasto di miele e frutta secca, dolce tipico del periodo natalizio).

Pizzeria "Tra Amici"
loc. Immagine - Casaprota
tel. +39 0765 886008
B&B Cjase Me
Loc. Vignanello
02030 Vignanello, Casaprota
tel: +39 0765 85341 / +39 335 8131732
Apertura: dal 01 gennaio al 10 gennaio e dal 10 aprile al 31 dicembre
Camere: 3 - Letti: 6 - Bagni: 2

B&B Colle Cesoni
Loc. Cesoni
02030 Cesoni, Casaprota
tel: +39 0765 85074
Apertura: dal 01 marzo al 31 ottobre e dal 15 dicembre al 10 gennaio
Camere: 1 - Letti: 3 - Bagni: 1

Copyright © 2005 & Powered by Galaxy Technology S.r.l.
Sponsored by Dionisi Property Search Ltd